Francesco, il dislessico che si è fatto attore
01/04/2016

FONTE: LA NAZIONE

FRANCESCO Riva ha 22 anni, è originario di Fiesole e milanese d’adozione. È sveglio e determinato. Da bambino pensavano fosse stupido o svogliato. La maestra convocò la madre per dirle che era “un tipo strano” perché amava disegnare e fare giochi di fantasia. Francesco è dislessico, disgrafico e discalculico come suo fratello «un’eredità di famiglia» dice, scherzandoci su.
L’ironia è una delle cifre stilistiche di Francesco che in barba alle sue difficoltà di apprendimento, è uno che ce l’ha fatta, che ha realizzato il suo sogno di diplomarsi all’Accademia di teatro di Roma e diventare un attore. Domani andrà in scena all’Auditorium di Siena Ambiente con «DiSlessiA... Dove Sei Albert?», spettacolo che ha scritto ed interpreta. Un monologo che commuove e che fa sorridere e sarà la ciliegina sulla torta di una giornata intensa organizzata da associazione Serenemente, Sos Dislessia e centro Dedalo che prevede una matinée riservata agli studenti del Piccolomini e l’incontro-testimonianza “DislessIcO?” di cui sono protagonisti tre giovani dislessici come lui: Sofia, Mirco e Dario.
Francesco che rapporto hai con la tua dislessia? L’hai mai vissuta come un limite?
«Alle elementari sì. Rimanevo spesso indietro perché per le maestre era faticoso seguirmi. Preferivano affidarmi all’insegnante di sostegno o lasciarmi disegnare. Solo con la maestra di storia Diana ho imparato tante cose che mi poi sono servite alle superiori dove ho avuto il mio riscatto».
Il tuo testo racconta la storia di un bambino incompreso dalla scuola e dai genitori perché non “apprende” come i “bambini normali”. Quanto c’è di te in Giacomo?
«Tanto. Giacomo come si prende la sua rivincita sulla scuola che non parla con i dislessici. Giacomo sono io, che grazie al mio insegnante di matematica, ritrovo la fiducia in me stsso, la passieone per lo studio e la mia strada, imparando persino il tedesco (le lingue sono la bestia nera dei dsa, ndr)».
Hai detto che questo spettacolo cambia le coscienze...
«Sì, ci fa capire che la dislessia non è una malattia, che non serve fare del vittimismo ma piuttosto non mollare. Non lo hanno fatto Einstein, Leonardo da Vinci e Spielberg (dislessici anche loro). Basta dotarsi degli strumenti giusti».
Anche la scuola dovrebbe?
«Soprattutto la scuola. Il maestro Andrea è la metafora della scuola che vorrei. Una scuola in cui l’insegnamento sia un canale a doppia entrata. Non dico che tutti gli insegnanti dovrebbero essere il maestro Andrea, ma vorrei che avessero almeno la stessa spinta emotiva, la stessa attenzione, la stessa voglia di arrivare anche a tutti quei bambini che apprendono in modo diverso».
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